FONTE . HUMANITAS
Il formaggio è un alimento radicato nella nostra cultura alimentare, ne esistono diverse varietà e viene prodotto a partire da differenti tipi di latte. La sua praticità e la sua appetibilità possono favorirne un consumo eccessivo, contribuendo a una dieta ricca di grassi saturi (quelli considerati “cattivi”).
Questo fenomeno può verificarsi anche perché molti formaggi, specialmente quelli freschi, vengono considerati magri e quindi consumati senza le dovute attenzioni. Ci sono formaggi che possono essere considerati magri? Quanto formaggio si può mangiare a settimana?
Quali sono i formaggi magri?
Innanzitutto è giusto dire che bisogna fare attenzione ad accostare la parola formaggio alla parola magro, in quanto poi si rischia di consumarne con più leggerezza dei quantitativi maggiori. Per definizione, i formaggi vengono classificati come magri in base al loro contenuto di grassi, quando quest’ultimo è inferiore al 20%, sulla sostanza secca. Con questa classificazione i formaggi magri nel vero senso della parola sono molto pochi e tendenzialmente sono solo quelli scremati. Tutti gli altri, ricotta compresa, rientrano nelle altre categorie che vanno dai formaggi leggeri a quelli grassi e molto grassi, classificati sempre in base al loro contenuto lipidico.
Tra le altre classificazioni, in base al tempo di stagionatura, è possibile fare una distinzione tra formaggi freschi e formaggi stagionati. I formaggi freschi, sottoposti a una maturazione inferiore ai 30 giorni, a parità di peso, contengono una maggiore quantità di acqua, rendendo possibile consumarne porzioni leggermente maggiori rispetto a quelli stagionati.
I formaggi da preferire, siano essi di pecora, capra o mucca, sono quelli freschi come la ricotta, lo stracchino e la mozzarella, poiché contengono una quantità inferiore di grassi e sale rispetto ai formaggi stagionati, in quanto hanno una maggiore percentuale di acqua.
Per quanto sia un latticino più che un formaggio vero e proprio, la ricotta è uno di quelli con la minore percentuale di grassi e di sale. Quando è prodotta con latte di bufala, contiene, in media, circa il 15-20% di grassi, mentre se si utilizza latte di mucca, capra o pecora, la presenza di grassi può scendere addirittura attorno all’10%.
La feta, un formaggio prodotto con latte di pecora, una piccola quantità di latte di capra e caglio, è spesso erroneamente considerata più salutare rispetto ad altri formaggi a pasta semidura. Tuttavia, i valori nutrizionali della feta sono più o meno simili ad altri formaggi freschi, a eccezione del contenuto di sale, che risulta essere più elevato.
Formaggi come la mozzarella, la crescenza, la scamorza e lo stracchino presentano percentuali di grassi che si aggirano intorno al 20-25% per ogni 100 g di prodotto, il che significa che contengono circa 20-25 g di grassi. Valori nutrizionali simili si possono osservare anche nei formaggi spalmabili.
La robiola, che generalmente è ritenuta come magra, invece ha una percentuale di grassi ancora più alta, che può arrivare anche intorno al 30%.
Quanto formaggio si può mangiare a settimana?
Per la maggior parte delle persone, il formaggio rappresenta spesso una soluzione rapida e comoda per la pausa pranzo o a cena. Il formaggio è un’importante fonte nutrizionale di proteine, calcio e vitamina D, ma contiene anche grassi saturi, sale (sodio) e colesterolo, che, se assunti in quantitativi eccessivi, possono essere dannosi per la salute cardiovascolare.
Per queste sue caratteristiche, il formaggio non dovrebbe mai essere utilizzato, come spesso accade, come un’aggiunta ai pasti o come un alimento da spiluccare in attesa di mangiare o alla fine del pasto, ma bisogna considerarlo come una vera e propria alternativa alle altre fonti di proteine (carne, pesce, uova, legumi e salumi). Il suo consumo dovrebbe essere controllato, e limitato a non più di un paio di volte alla settimana. Nel caso venisse consumato insieme a una delle altre famiglie di alimenti che rappresentano delle fonti di proteine, allora bisognerebbe bilanciarne in maniera adeguata i quantitativi consumati.
In alternativa, può anche essere sfruttato e incluso nella preparazione di piatti unici, come condimento per piatti a base di cereali come pasta, riso, orzo e farro (ad esempio pasta con ricotta e pomodorini o insalata di farro con la feta).
Un appunto utile potrebbe essere quello relativo ai formaggi light, per i quali è giusto fare attenzione. Il fatto che un formaggio abbia un contenuto ridotto di calorie o di nutrienti (come grassi o sale), spesso si può tradurre in un consumo di quantitativi di prodotto maggiori. Inoltre, spesso, per mantenere comunque un’adeguata gradevolezza dal punto di vista del gusto, i prodotti light prevedono l’aggiunta di altri nutrienti/ingredienti, che chiaramente ne fanno scadere la qualità nutrizionale (es. formaggi senza grassi ma a cui è aggiunto sale, o viceversa). Oltretutto, la riduzione di nutrienti può determinare allo stesso tempo una diminuzione del senso di sazietà. Infine, per garantire comunque un’adeguata appetibilità, questi alimenti possono essere anche ricchi di additivi o composti chimici che ne peggiorano ulteriormente la qualità nutrizionale.
Chi non dovrebbe mangiare formaggi?
A parte chi sceglie di non consumarlo per motivi personali, per coloro che soffrono di intolleranza al lattosio, non vanno consumati i formaggi freschi a pasta molle, come mozzarella, ricotta, fiocchi di latte, formaggi spalmabili e crescenza (tra i più comuni), mentre possono mangiare senza problemi, oltre a quelli dichiaratamente delatossati, anche i formaggi naturalmente privi di lattosio, come, tra gli altri, grana, parmigiano, asiago, gorgonzola e pecorino (anche se la quantità tollerata varia dalla sensibilità personale).
Inoltre, per la presenza di grassi saturi, devono fare particolare attenzione al consumo di formaggio coloro che presentano ipercolesterolemia e dislipidemie, mentre a causa del fatto che questa famiglia di alimenti è ricca di sale, anche le persone con ipertensione non dovrebbero avere un consumo con frequenza elevata.